Al rientro da ogni viaggio sperimento delle emozioni contrastanti: da un lato il piacere di tornare nel mio nido, con le mie sicurezze, le mie abitudini ed i miei affetti. Dall’altro mantengo per diversi giorni la malinconia: il pensiero dei luoghi che ho visitato, delle persone che lo hanno reso speciale, di quello che ho appreso dalle popolazioni e di come vivono coloro i quali, via via, ho incontrato durante la mia esperienza.

Da qualche tempo accade che ogni viaggio importante lasci dentro di me qualche cosa che poi nel mio piccolo elaboro, assorbo oppure molto più raramente scarto ed il Nepal non fa che ripetere questo cliché.

Ripenso inevitabilmente a molti anni fa, quando ebbi il piacere di passare qualche tempo in India, a cavallo di alcune città come Calcutta, Bangalore e Goa, tre città completamente diverse tra di loro ma la cui media, in qualche modo, ha fatto emergere l’essenza di quel paese così particolare e sapete cosa mi ha lasciato quell’esperienza? Nulla. Vuoi perché sono passati molti anni ma vuoi anche perché in qualche modo ho considerato quelle città delle mete di vacanza.

Il Nepal non è una vacanza, ma un’esperienza di viaggio che ti segna e che ti lascia un segno profondo nel cuore e nello spirito.

Per la prima volta mi sono trovato a dover guardare il mondo con gli occhi del fotografo, sempre attento a cogliere il momento, la situazione, la scena e questo mi ha permesso di vedere con chiarezza ciò che accadeva intorno a me.

Negli occhi della gente che ho incontrato, nei sorrisi contagiosi dei bambini e nel carattere solare, genuino e radioso dei nepalesi ho trovato quasi una lezione di vita che porterò con me per lungo tempo: dalla venditrice di collane alla bimba con la penna fino alla monaca buddista, ogni immagine che ho scattato, ogni foto ha una storia che cercherò di raccontarvi.

Due settimane in Nepal sono state dure dal punto di vista psicologico perché per la prima volta ho realizzato il fatto che di questa vita rischiamo di aver capito poco o nulla, almeno noi milanesi, sempre stressati e nevrotici pronti a suonare il clacson se il verde è scattato da più di un secondo. Non che l’abbiamo capita i nepalesi, perché molto hanno da apprendere anche loro, ma realizzi che c’è qualcosa che non va in noi quando intorno c’è distruzione e tutti, tranne sottoscritto che era in un angolo a piangere, ridono gioiosi. Perché ? Per il semplice fatto che godono di quello che hanno, guardando avanti, non nell’orto del vicino per cercare con invidia qualcosa che lui ha e tu no.

Se deciderete anche voi di intraprendere questo viaggio vi accorgerete che il Nepal rimarrà a lungo nei vostri cuori e nella vostra mente troveranno spazio gli occhi ed i sorrisi delle persone che incontrerete e che non mancheranno mai di regalarvi un saluto affettuoso.

Vi racconterò di questo mio viaggio organizzato grazie a Nepalroutes attraverso  un reportage fotografico, che poi è quello che mi riesce meglio.

 

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Il primo contatto con la capitale: caos, traffico e rumore.

 

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Bimba che gioca per strada, nel centro di Katmandu.

 

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Fashion blogger in posa ? Semplice figlio di contadini nella foresta del Chitwan.

 

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Questi bambini hanno una storia particolare perché mi hanno inseguito per gran parte del mio viaggio all’interno della foresta del Chitwan dove abbiamo trascorso una mattinata a piedi per i paesi circostanti per vedere come vive la gente locale. Appena mi hanno visto con la macchina fotografica mi sono corsi incontro per farsi fare una fotografia ed è bastato un cenno per farmi fare il Namastè.

 

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Giovane ragazzo intento a farsi applicare la Tika da un santone. In giallo il simbolo dell’Om.

 

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Viaggiare per le strade nepalesi è un’esperienza che potrei definire mistica perché come potete notare per le strade circolari tutto e nonostante la guida sia a sinistra (come in Inghilterra) capita spesso di trovare macchine che occupano luna oppure l’altra corsia senza particolare pensiero rispetto di chi sta attorno.

 

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La sera in cui siamo privati al Phewa Lake eravamo distrutti e fortemente provati da una giornata nella quale molte persone sono state male a causa di un virus che si è diffuso all’interno del nostro pullman e che ha sostanzialmente decimato l’intera squadra. Io fortunatamente stavo abbastanza bene per concedermi di fare qualche scatto al lago e sono arrivato proprio nel momento in cui il barcaiolo stava riordinando le imbarcazioni per la nottata. Ne è nato uno scatto unico dai colori del Nepal.

 

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Sono diversi i monasteri nei quali i giovani monaci vanno a studiare. Ecco due monaci all’ora di pranzo.

 

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Momento di spiritualità.

 

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Che ci crediate oppure no questo è l’impianto elettrico cittadino e quella persona stava semplicemente facendo un po’ di manutenzione. Purtroppo non c’è mai stato un piano di sviluppo coerente e la città è cresciuta molto rapidamente senza un ordine preciso. È facile quindi trovare situazione di questo tipo con persone che mettono mani agli impianti senza nessun tipo di protezione.

 

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In questa fotografia mi trovavo in un piccolo comune a pochi kilometri da Katmandu. Uscivo da una situazione veramente molto provante perché avevamo appena visitato un paese fortemente devastato dal terremoto. Ad un tratto compaiono questi bimbi che ci corrono incontro con questa ruota, come se fosse l’oggetto più divertente di questo mondo. I loro sorrisi sereni e spensierati sono impagabili.

 

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Basta qualche mattone ed una coda rattoppata per farne un gioco.

 

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Vi lascio con il bacio di questa piccola bimba: al prossimo racconto.

 

Durante questo viaggio sono stato salvato dall’abbigliamento tecnico di The North Face, senza indossare materiali tecnici sarebbe stato impensabile affrontare il mio viaggio.

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Tutte le immagini  sono state scattate con fotocamera Canon 5DMark III. Lente 24-70 f 2.8 oppure 70-200 f 2.8.

Articolo scritto e redatto da lingegnere | Tutti i diritti sono riservati

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