É come quando su Scream lei corre al piano superiore e tu dici “No, no, no!”, ma sei sul tuo divano, lei non ti sente e al piano di sopra ci va lo stesso. E muore. E io lo so che dall’altra parte di questo schermo ci siete voi che urlate “No, no, no!”, ma io, con l’aplomb di un’eroina da film horror, lo faro’ lo stesso. Vi parlerò di quel che Marni H&M è stato a Bruxelles

 

Questa volta, sarò onesta, stavo per non metterci piede. Lo so che l’ho già detto la volta scorsa parlando di Versace, ma stavolta è vero veramente. Non che la volta scorsa non stessi dicendo sul serio. Il punto è che presentarmi al mio capo alla Commissione con un gran sorriso, chiedendo un permesso per permettermi di campeggiare fuori dall’H&M di Rue Neuve mi sembrava così 2011 che non sono proprio riuscita a piegarmi a farlo. Complice anche il mio scarso interesse nei confronti della collezione (falsa! Bugiarda! Me lo sogno ancora di notte, il costumino con i frufru!) non mi sono proprio sentita di andare come una cretinetta alle quattro di mattina a fare la fila con i dubbi personaggi che si aggirano di notte per le strade di Bruxelles. Questo vi ha risparmiato estatici resoconti e fotografie di tavoli da cucina di poliuretano espanso con thermos di caffè, nonché cronache minuto-per-minuto dell’arrivo dei camion con la merce di Zara, il grande evento che ha scosso le temerarie accampatesi nella via dello shopping low-cost attorno alle sei e un quarto

Quello che io so è che approfittando di una pausa pranzo lunga mi sono trovata per circostanze non meglio specificate di fronte a detto Hennes & Mauritz; che mi sono appropinquata con fare quatto quatto alle barricate che separavano la collezione Marni dal resto del mondo; che mi sono resa conto che, scema che sono, ero un’ora in anticipo sulla tabella di marcia H&M (essendo la sottoscritta sbraccialettata); e che, infine, non era rimasto più niente se non le borsette plasticose mezze trasparenti e vari outfit pigiama, che, apparentemente, in terra belga non fanno furore. Come i sandali rasoterra color argento, modello che i belgi associano più a la nonna e il nonno ed i calzetti di spugna che ad una modella che ti guarda ammiccante di fianco ad un suo collega belloccio

 

Quello che so io è che le ultime arrivate del popolo del braccialetto, dopo aver constatato il magro stato dello stock in vendita, si strappavano suddetto braccialetto tra un putain fait chier ed un godverdomme perché, si sa, la moda supera tutte le frontiere linguistiche ed unisce i popoli. E se ne andavano stizzite

Quello che so io è che al piano -1 la collezione uomo era, alle ore tredici e venti, tutta li’; pile di pantaloncini gialli ben piegati, e di crop-spolverini ben allineati. Montagnole di maglioni di cashmere a maniche corte e cappellini liberamente ispirati alla guerra di secessione negli Stati Uniti, come le celebri scene di Una Notte al Museo ci insegnano

Quello che so io è che, al pari delle due collezioni precedenti, tra sabato e lunedì i negozi già rigurgitavano di pantaloni di vero finto broccato e camiciole di pelle (nemmeno l’ombra del mio costumino, però; come se qui in Belgio ve ne faceste qualcosa, di un costumino, capre): i ritorni di chi, probabilmente con un paio di ore di sonno in più, è giunto a conclusione che certe cose stanno bene solo in un’opera di Sophia Coppola

Quello che so io, infine, è che quei sandali rasoterra color argento restano, immoti, sugli scaffali; e mi fissano. E mi fanno paura

 Articolo scritto e redatto da Giulia Vettore che ad oggi non fa più parte del team autori di theoldnow.it