Non ho mai nascosto di aver iniziato ad appassionarmi patologicamente al mondo del vino per via delle persone che lavorano in questo settore. Il fatto di fare un’attività che, anche per dimensioni importanti, tende a rimanere artigianale, a contatto con la terra, ottenendo un prodotto il cui scopo è trasmettere od esaltare emozioni fa sì che spesso capiti di incontrare persone vere. Persone senza peli sulla lingua, con quella ruvidezza, ma anche quella sensibilità, tipiche di chi è abituato a scontrarsi tutti i giorni con Giove pluvio prima e con le bizze del mercato dopo. Persone consapevoli di fare un lavoro speciale e con negli occhi una luce che in città non si trova più

 

 

I Franciacorta de Le Marchesine li ho conosciuti a Milano e mi sono piaciuti da subito. Era febbraio ed al Milano Food & Wine festival non era arrivato il ghiaccio, per cui qualche intraprendente vignaiola era andata in strada a riempire i secchielli con la neve che era caduta il giorno precedente per tenere i vini in fresco. Il Rosé brut millesimato non era quindi a temperatura ottimale, ma aveva tirato fuori dei profumi talmente affascinanti da colpire ugualmente. Ho poi incrociato nuovamente sulla mia strada i prodotti di questa cantina più volte, assaggiando il resto della produzione e confermando l’idea che mi ero fatto inizialmente

 

 

 

Poi un giorno, non tanto tempo fa, ho deciso di andare a fare un giro in Franciacorta e ne ho approfittato per organizzare una visita in cantina. Ed ho quindi avuto modo di conoscere il proprietario dell’azienda Loris Biatta. Al primo sguardo ti gela, ti squadra con diffidenza, ti si rivolge con un misto di fastidio ed insofferenza. Quando lo convinci poi che vorresti proprio fare un giro in cantina ti accompagna, all’apparenza contro voglia, giù per i gradini che conducono verso il suo regno. La produzione è rilavante: 500 mila bottiglie l’anno dai 50 ettari dell’azienda, per cui ti trovi in mezzo a vere e proprie cataste di bottiglie. Milioni di bottiglie ti circondano, ti mettono in soggezione, ti scrutano, e lì Loris si sente già più a suo agio. Quando si arriva alla sala dei girapallet, che Le Marchesine hanno portato per primi in Franciacorta, la situazione è ormai decisamente più morbida e conviviale

 

 

 

Arrivati alla sala di degustazione, alla fine del giro della cantina, si chiacchiera amabilmente, con grande franchezza. Allora inizi a capire perché i Franciacorta di Le Marchesine non svolgono la malolattica, non passano in legno, fanno solo acciaio. L’Extra Brut ne è l’emblema: diretto, sincero, acidità e sapidità elevate, ma con un finale leggermente virante verso il miele. Un vino che vuole essere solo quello che è, e te lo fa capire subito, in maniera schietta, senza giri di parole. Il fratello maggiore, il Brut Millesimato 2008, è invece un Blanc de Blancs elegante, ma che non perde la natura verace mostrata dall’Extra Brut. I profumi si intensificano e divengono più maturi, più complessi. La chiusura è nettamente varietale, con note che stazionano sulla frutta esotica, ma è dal corpo centrale che si riconosce la mano. Ancora di più salinità ed equilibrata acidità sono protagoniste del bicchiere, di grande finezza

 

 

 

Si torna quindi al mio primo amore, il Rosé Millesimato 2008. Chardonnay e Pinot nero dialogano amabilmente in questo vino, senza che nessuno dei due venga sopraffatto dall’altro. Dove l’uno s’impone maggiorente al naso, l’altro conquista la bocca. A fronte delle fragoline di bosco e dei ribes che affascinano l’olfatto, la succosità, la complessità e la morbida acidità solleticano il gusto. Il risultato è un Franciacorta lungo e persistente, dotato di grande beva e tanta sostanza

 

 

 

Un passo in più alla scoperta di una cantina sincera, l’ennesima conferma che il vino prende sempre qualcosa del carattere del suo produttore

Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati