Non ho mai avuto il motorino. I miei genitori erano contrari alle due ruote a meno che non fossero prive di motore. Così ho atteso i diciott’anni aggiungendo un motivo in più alla lista già lunga che questa cifra possiede e porta con sé. Non avevo neanche compiuto questo numero magico di anni che ero già iscritta alla scuola guida. Un paio di mesi, un compleanno festeggiato ed eccomi estremamente felice con, in mano, la mia patente.
Da quel momento in poi, con le quattroruote ho sempre avuto un rapporto speciale, unico, simbiotico. All’inizio usavo la vecchia auto di mia mamma per raggiungere il liceo che frequentavo, che distava da casa mia quasi 25 km. Senza attendere l’autobus, senza fare le corse per non perdere la coincidenza mi sentivo grande, adulta. E poi c’era quella sensazione unica ed irripetibile che l’indipendenza, almeno logistica, bussava dentro di me. Finito l’ultimo anno del liceo, diplomata a pieni voti, mi sono goduta l’estate di mare, sole e casa, l’ultima vera e lunga estate della mia vita completamente dedicata allo svago, al riposo e all’incertezza, con un solo punto fermo: la mia auto nuova che mi aspettava nuova e fiammeggiante nel concessionario, pronta per essere ritirata a settembre.
Settembre mi vide così cambiare volante, cambiare le dimensioni dell’auto, cambiare destinazione. I 25 kilometri si trasformarono in 200 kilometri. Dalla Liguria decisi di spostarmi in Lombardia e la mia piccola, nuova, rossa, fiammeggiante auto mi accompagnò per tutti i fine settimana, di tutto l’anno da Milano a Varazze, da Varazze a Milano. Percorremmo insieme questi 200 km ogni venerdì e ogni domenica sera, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche, dagli orari universitari e degli impegni. Sempre io e lei, lei e io. Imparammo a volerci bene, a conoscerci, a capire una le necessità e le peculiarità dell’altra. Gli anni passarono veloci, come quando ingrani la marcia e cambi corsia per superare la persona che hai davanti, come quando sorridi perché imbocchi la strada di casa, come quando in una giornata di pioggia scrosciante trovi parcheggio davanti al portone.
Con la fine dell’università finì la nostra piccola e grande allo stesso tempo storia d’amore ed il pendolarismo. Cambiai l’auto, insieme allo stile di vita. Il lavoro prese il posto dello studio, gli orari iniziarono ad essere definiti e ritmici, i weekend fuori porta iniziarono ad assumere nuove destinazioni. Ci voleva un’auto diversa, un’auto che fosse in sintonia con questa nuova me: veloce, esigente, in carriera.
Poi arrivò l’amore e dopo mille fine settimana fuori porta, diventammo quattro, nacque una famiglia. Fu così che arrivò una nuova auto, insieme a nuove necessità, a nuovi ritmi ed una nuova felicità. Una cosa però non è mai cambiata: quella sensazione di leggerezza, indipendenza e forza che sento quando accendo il motore, decido una destinazione e parto, insieme a lei.