Il MoMu, ovvero il museo della moda di Anversa, non è esattamente la location che ci si aspetta di visitare all’occorrenza di una settimana dedicata alla ricerca scientifica. Eppure ieri, domenica 25 novembre, la giornata della Scienza è arrivata anche tra trini e merletti. Perché oltre a mostre e manifestazioni il MoMu promuove attività di ricerca su stoffe e tessuti. Attraverso mostre semipermanenti, ma anche workshop e dimostrazioni ad-hoc, abbiamo potuto scoprire che scienza e tecnologia hanno conquistato il loro posto in ogni aspetto della nostra vita –moda compresa

 

Oltre alla mostra su Madame Grès, “Fashion Sculptural”,  un installazione ha come star un cappotto Maison Martin Margiela rivestito di plastica, diventato oggetto di uno studio sulla conservazione delle materie plastiche da parte di Kim Verkens, ricercatrice Momu. La giacca presenta in particolare quali gravi problemi di conservazione possano causare l’esposizione all’aria e alla luce. La ricerca su questo pezzo ha portato alla creazione di un sistema di imballaggio in assenza di ossigeno che non influenzi la forma dei capi
Etnia e calzature: passi in avanti è invece una rassegna che unisce stivali in pelle Sami, sandali Lapponi, Kolhapuri e dal sud dell’India. Il filo rosso? Il rapporto tra l’ambiente, il processo di progettazione della scarpa e il modello finale. Il tutto corredato da foto, disegni, oggetti e attività interattive. Come la misurazione della pressione del piede nella sezione ‘Calzature e futuro’, dove la ricerca si fa artistica. La ricercatrice Catherine Ward (KASK), in collaborazione con UGent e UA, presenta va la relazione tra scarpe dal design biomeccanico e dal punto di vista degli approcci antropologici. In seguito alla misurazione della pressione del piede, i visitatori vedevano un modello di calzatura su misura prendere forma in un simulatore 3D

 

 

 

E ancora, nel workshop La pecora nera tra la lana rispondeva alla domanda ‘come si fa a studiare la qualità di tessuti di lana tinti di nero?’. Sulla base di reperti del 17 ° e 18 ° secolo dall’archivio della biblioteca MoMu, Natalie Ortega (Artesis College e Università di Anversa) ha analizzato coloranti e macchie, determinando con quale ricetta fossero tinti storicamente i tessuti di lana. Questo archivio è esposto attraverso i materiali didattici e spiega come la ricercatrice ha proceduto.

In conclusione, un’ottima occasione per scoprire un lato insolito della moda!

 

 Articolo scritto e redatto da Giulia Vettore che ad oggi non fa più parte del team autori di theoldnow.it

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