Se la maratona è la vita, una corsa è la giornata, una settimana di allenamenti può ricondurre alla mente tutti gli insegnamenti di un intero anno. Un condensato di pensieri, vittorie e sconfitte, esperienze positive e negative che ti hanno permesso di raggiungere ciò per cui hai lottato, lasciarti sorprendere da ciò che non ti aspettavi e magari spaventare da ciò che temevi e si è puntualmente verificato. Fantascienza? Non credo.

Dopo l’esperienza ritemprante e galvanizzante di martedì con il coach, segue la presa di coscienza della situazione attuale.

Sabato mattina, parco delle Cave, il ritorno alla corsa con il gruppo Running Skull. Un’ondata inebriante di energia che pervade il corpo intorpidito dal freddo e la prima neve che sembra aver deciso di celebrare il mio ritorno. In programma, 10 chilometri lenti.

All’inizio, i fiocchi di neve sono sporadici, quasi timidi e la mia partenza è fin troppo allegra. La neve si infittisce al proseguire dei chilometri anche se per il primo tratto non sembra intaccare la mia concentrazione ed il mio ritmo. A tratti, il vento soffia di traverso a tal punto che i fiocchi di neve offuscano la vista e si rendono quasi taglienti sugli zigomi arrossati.

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Un’inizio troppo baldanzoso, ha un epilogo inesorabile e l’energia si esaurisce poco prima dello scadere dei 5 chilometri. Implacabile sopraggiunge lo sconforto e l’interminabile lotta all’interno della testa tra la parte che mi vorrebbe arresa e ferma ad additare qualche scusa nel tempo atmosferico o nella temperatura poco favorevole e quella, invece, che, consapevole di tutte le lotte, le sconfitte e le vittorie, mi intima di non mollare cercando di distrarre la stanchezza visualizzando i chilometri che mancano in piccoli tratti di percorso. La parte in ombra dove il vento sembra essere più freddo è un po’ lunga, ma una volta raggiunto il campo da basket ci sono tratti brevi con continue svolte, arrivata al maniero, c’è il rettilineo che si snoda fino alla casetta con le statue di Biancaneve e i sette nani e da lì alla fine manca solo l’ultimo tratto. Le ragazze che corrono con me mi distanziano sempre di più e a volte si voltano per tornare a prendermi. Il mio orgoglio prova sollievo ogni volta anche se rimane deluso e ferito dal divario che si ricrea. Vorrei imporre più forza al passo ed eliminare la distanza, ma ormai sono troppo dentro la mia lotta interiore e so che l’unica cosa da fare è assecondare la situazione senza cedere troppo e farmi prevaricare.

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La mente non può fare a meno di far riaffiorare i ricordi. Quante volte in quest’anno è capitato di dover riprendere le fila, rimboccarsi le maniche e ricominciare da capo a ricostruire lo status quo? Non sarà certo la prima e l’ultima volta. In questa corsa c’è la lotta di tutto l’anno con tutti i suoi elementi: l’inizio non calibrato, la forza che manca e la lotta a non cedere, gli amici che vengono in soccorso e la gioia per i loro risultati, la soddisfazione per non aver mollato e la certezza che domani tutto avrà un’altra prospettiva, sarà meno difficile proprio grazie alla resistenza dimostrata oggi. Ogni volta sembra di ricominciare da capo, ma è solo per ricordare che niente può essere dato per scontato. Sabato è andata così e leccarsi le ferite dell’orgoglio ferito fa parte del gioco, stimola la mente, la voglia di rivincita su se stessi e libera quella giusta dose di competitività che ti porta nuovamente a sfidare ogni cosa. Anche domenica mattina l’esito non è di certo più decoroso, ma il trend è positivo: tre allenamenti in settimana e circa 27 chilometri. Un inizio, certo, come quello dell’anno scorso e ancora di qualche mese prima. Quante volte dovrà capitarmi ancora? Impossibile fare pronostici, ma finora quello che ho vissuto dopo ogni inizio mi ha travolto e affascinato. Ora sono pronta per i nuovi obiettivi prospettati dal coach.

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Credits: The Stocks | Tutti i diritti sono riservati

Articolo scritto e redatto da FRANCESCA TOGNONI | Tutti i diritti sono riservati

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