Da qualche giorno è arrivata l’ufficialità del trasferimento di Ciro Immobile al Borussia Dortmund e il campionato italiano si appresta così a perdere il proprio giovane capocannoniere del torneo appena concluso.

L’epilogo di questa vicenda rispecchia completamente il livello del calcio italiano attuale: zero soldi da investire, necessità estrema di vendere per risanare i bilanci e poca pazienza con i giovani.

È un quadro triste soprattutto se pensiamo ai mitici anni 90 quando i campioni, che ora vengono definiti Top Players, facevano a gara per venire a giocare nel nostro campionato. Parliamo di giocatori del calibro di Batistuta, Ronaldo, Zidane, Weah, tutti atleti che nei campionati esteri ci invidiavano da morire.

Ma il calcio è cambiato, le società sono cambiate e in un periodo di profonda crisi economica l’unica soluzione plausibile sembrerebbe quella di investire sul vivaio per dare la possibilità ai giovani talenti italiani di emergere e crearsi così i propri top players direttamente in casa. Tutto ciò sembrerebbe logico ma la realtà è ben diversa.

I club italiani fanno crescere i nuovi talenti ma appena questi dimostrano di essere pronti (e il loro costo del cartellino lievita) i dirigenti vengono incaricati di cercare  acquirenti esteri in modo da monetizzare il più possibile e re-investire il denaro per qualche talento semisconosciuto proveniente dal Sud America (che spesso delude pure). Un esempio lampante è quello di Verratti. La Juventus lo voleva ma non era in grado di garantirgli un posto da titolare così Marco, appena 20enne si trasferisce al PSG dei campioni e si impone come titolare inamovibile del centrocampo.

 

verratti psg

Assurdo, ma il trasferimento di Immobile è l’ennesimo esempio di questa teoria strampalata.

Ciro ,classe 1990, cresce nel Sorrento dove negli allievi mette a segno 30 reti in un solo campionato attirando su di se le attenzione degli osservatori della Juventus. Nella stagione successiva (2008) verrà acquistato dai bianconeri per 80 mila euro e inserito nella formazione primavera che trascinerà a suon di gol alla conquista del torneo di Viareggio. Solo un anno dopo (2009) esordisce prima in serie A e successivamente in Champions League in una gara dei gironi di qualificazione.

Nominato “Golden Boy” al Viareggio del 2010, inizia una serie di prestiti per favorire la sua maturazione fino alla svolta di Pescara nel campionato di serie B 2011-12.

Qui incontra il maestro Zeman che al primo allenamento gli disse “Ma come fai a giocare attaccante con quel nome li?”. Il risultato fu un campionato strepitoso che portò il Pescara a vincere il campionato, tornare in A dopo vent’ anni e Immobile a segnare 28 reti in 37 partite laureandosi capocannoniere.

immobile pescara

Il resto è storia recente. Dopo una breve parentesi a Genova (sponda rossoblù) la consacrazione definitiva nella massima serie grazie al Toro che crede fortemente in lui e che Ciro ripaga con 22 gol stagionali (capocannoniere anche stavolta) e il settimo posto in classifica.

Una escalation incredibile che lo porta direttamente alla convocazione in nazionale e al mondiale brasiliano al via tra pochi giorni. Il suo talento è stato apprezzato talmente tanto dai dirigenti del Borussia che hanno deciso di chiudere il suo acquisto prima della rassegna continentale. Ciro ha voluto fortemente i giallo neri in quanto squadra modello per la crescita dei giovani e con strutture di allenamento all’avanguardia. Inoltre, è stato chiamato a sostituire un certo Robert Lewandowski, solo due anni più “vecchio” di lui ma che ha già dimostrato di essere un bomber di livello europeo grazie alla crescita che il club di Dortmund riesce a garantire ai propri tesserati.

immobile 2

Svenduto per meno di 20 milioni dalla Juventus (che segue Morata,stessa età e tutto ancora da dimostrare), Immobile si appresta ad essere uno dei protagonisti del mondiale e futuro rimpianto del club bianconero che difficilmente sarebbe stato in grado di offrirgli lo spazio meritato.

Purtroppo il calcio italiano è anche questo e i talenti sono costretti ad emigrare. Peccato.

Articolo scritto e redatto da Stefano Scortegagna | Tutti i diritti sono riservati

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