Eboli e l’Ossetia (parliamo di ex URSS) non hanno grandi punti di contatto. A meno che non si incontrino a Milano, ombelico del mondo se non esistesse New York, nella cucina e nel cuore di un locale che definire ristorante è riduttivo.

PanVinOlio è l’idea grazie alla quale il sommelier milanese Mario e la chef osseta Lali, sua moglie, danno vita ad uno spazio in cui il mangiare bene è protagonista, dal servizio bar e colazioni alla rivendita di pane, dalla pasticceria a produzione propria alla vendita di prodotti tipici, fino al pranzo, alla cena e alla possibilità di prenotare alimenti da asporto.

Uno dei produttori di eccellenze italiane della cui collaborazione si avvalgono i nostri eroi è l’Azienda agricola Giuliano, di Eboli appunto. Da qui arrivano la carne di bufala, tanto ferro, ipocalorica, e pochissimo colesterolo e soprattutto la Regina, la Dea, la Mater Purissima di tutte le tavole che vogliano chiamarsi italiane: la mozzarella, SCRUPOLOSAMENTE di bufala.

Lei, che non avrebbe nemmeno bisogno di altri ingredienti per essere apprezzata ma che anzi, come ogni primadonna, basta a se stessa e al mondo e non tollera figuranti, diventa la protagonista (ovviamente, lei “lo nacque” direbbe il Principe De Curtis) di una preparazione che prima di tutto la rispetta e se possibile la esalta, semplice come si confà a ciò che non si vuole e non si può rovinare e ricca di sapore tricolore.

Al primo piano del De’ Longhi Official Store di Milano, con il patrocinio di Golosaria, che da anni è sinonimo di qualità grazie alla fiera omonima e alla guida ilGolosario, chef Lali prepara un semplice e leggero pesto di basilico (solo olio e basilico, elegante e naturale), profumatissimo, che fa da letto per una mozzarella che viene frullata nel mixer (si, avete letto bene, e vi assicuro che non perde nulla in consistenza e fragranza) e ricostituita in quenelle, infine adagiata su questo prato arricchito da pomodorini San Marzano a crudo e vele di pane guttiau (tipo carasau ma condito e meno secco). Finito. Semplicità al potere, sapori decisi che restano eleganti e persistenti in bocca, tricolore nel piatto e nel cuore, e la consapevolezza che la materia prima, quando è top, e in questo caso è top, diviene esperienza prima che cibo. Personalissimo suggerimento, un calice di Fiano di Avellino è doveroso, anzi dovuto.

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Una chicca per chiudere. Se decidete (decidetelo!) di provare PanVinOlio, chiedete la focaccia di Lali: è una focaccia tipica dell’Ossetia, fatta con lo stesso impasto del pane e farcita con verdure a crudo (per esempio spinaci o erbette, ma ci si può sbizzarrire) e formaggio, poi cotta in forno. Non vi dico niente, ma ancora godo al ricordo.

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Articolo scritto e redatto da Lorenzo Volpi | Tutti i diritti sono riservati 

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