Il Museo Ma*GA di Gallarate rende omaggio a Jack Kerouac, il padre della Beat Generation ed icona letteraria del XX secolo. Con la mostra Beat Painting, attraverso 80 opere, i curatori, Sandrina Bandera, Alessandro Castiglioni ed Emma Zanella, regalano una nuova luce interpretativa all’artista.  L’uomo si era avvicinato alla pittura in età matura, con un suo stile già ben definito.

Rigettando gli ideali tecnologici del dopoguerra i membri della Beat, Kerouac, Ginsberg, Owen, Ferlinghetti, difesero una nuova etica, quasi tribale, di carattere spontaneista.

Le opere di Kerouac sono rimaste per decenni a Lowel, sua città natale. Il lascito testamentario, gestito dal cognato, fu successivamente ceduto a collezionisti privati. Le opere vengono esposte al Whitney Museum of American Art di New York, al Centre Pompidou di Parigi e allo ZKM di Karlsruhe.

Perennemente in conflitto con se stesso, era tormentato dalla nostalgia della giovinezza e dalla malinconia della realtà. Proponeva una nuova etica anti borghese, scalfendo i saldi valori della società statunitense ed europea. Sperimenta droghe e sessualità. Si interessa di filosofie orientali, di musica nera. La sua è una vita piena, reale, ma rivolta all’eccesso.

Sembrerebbe che la Beat Generation sia un movimento licenzioso. In realtà non lo è. In origine, rappresentava persone che amavano la vita, la spontaneità, la dolcezza: solo in seguito si iniziò a parlare di Beat come insurrezione, ribellione. Parole che lo stesso Kerouac non ha mai utilizzato. Kerouac era, infatti, apolitico. Il senso della sua ricerca umana e letteraria è forse racchiuso nel significato dell’aggettivo “beat”. Tale termine indica non solo una esistenza emarginata, diversa, sconfitta, ma anche il ritmo verso la scoperta dell’io assoluto.

Beat è anche la radice di beatific: la condizione che Kerouac ha cercato per tutta la vita, ma il cui abbraccio liberatorio, a causa di furori atteggiamenti e dichiarazioni, non ha mai trovato.
L’esposizione analizza i rapporti con gli amici Allen Ginsberg, William Borroughs e con i pittori della pittura informale e della Scuola di New York.  

Il percorso si arricchisce di fotografie di Robert Frank ed Ettore Sottsass con un’intervista ad Arnaldo Pomodoro che rievoca la sua esperienza alla Stanford University della California, del 1966.

Lo scrittore franco canadese con sangue indiano era spesso ubriaco. Non ascoltava le domande, si annoiava. Non gli importava della ufficialità delle situazioni. Odiava essere diventato famoso e si sentiva perduto.

La forza risiede soprattutto nell’identità che Kerouac seppe condensare tra vita, produzione letteraria e ogni altra espressione creativa come la musica, il canto, la poesia, il cinema.

Il suo modello di vita avrebbe portato alla rivoluzione degli anni Sessanta. Era necessario svegliare le menti, scuotere le coscienze, scrutando sempre dentro di sé, per risolvere il mistero della esistenza in esseri umani e vulnerabili, che  “bruciano, bruciano, bruciano”.

Cercava di dare un senso alla follia del mondo. Di indole compassionevole, profondamente impacciato, viveva la crocifissione tramite la mortificazione del suo corpo. Negli ultimi dieci anni, dipinse quadri  i cui simboli erano cardinali, papi, croci, in cui la gioia e la sofferenza si fondono, perché l’esistenza è così.
Kerouac provava un desiderio incontrollabile di vivere, di parlare, di raggiungere la salvezza.
Parte del dolore e della solitudine di Kerouac sembrano nascere proprio dall’equivoco della sua fama, dal fatto che l’impulso autobiografico viene preso troppo sul serio.
Il successo non gli porta serenità. I rapporti con gli amici di sempre diventano purtroppo sempre più difficili. Jack si sente sempre più solo.
Una naturale e profonda timidezza, nutrita di impulsi autodistruttivi, si trasforma in pubblico in grande aggressività.
Il ricorso all’alcool diventa sempre più sistematico.
Le lacrime sono un riconoscimento dell’esistenza, della bellezza, della caducità e tristezza di ciò che vive.
Il cordoglio non è dolore pure, ma è maestosità, definitività, comprensione della realtà ultima. La vita è una leggenda che tutto abbraccia, turbando la mente nel vortice del tempo.
Schiavo di se stesso, Jack divorerà Jack.
Muore a soli 47 anni, entrando nella leggenda tra mattoni rossi, sporcizia, strani personaggi alla deriva, tram che stridono nell’alba disperata, il tutto sotto le dolci stelle della California, perdute nell’alone scuro di un gigantesco accampamento nel deserto.

KEROUAC. BEAT PAINTING
Gallarate, Museo MA*GA
Fino al 22 aprile 2018
Museo MA*GA
Gallarate, Via E. de Magri 1
Tel. +39 0331 706011

Orari: Da martedì a venerdì dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18.30

sabato e domenica dalle 11 alle 19. Chiuso il lunedì.

Biglietti: Intero 7 euro, ridotto 5 euro.

Ingresso gratuito ogni giovedì dalle 14.30 alle 18.30.

Articolo scritto e redatto da Daniela Rigoni | Tutti i diritti sono riservati

 

A proposito dell'autore

Chi ha detto che stare dietro le quinte sia noioso? Redazione è un piccolo mondo di penne e menti attive che coordinano, insieme a Laura, la programmazione per theoldnow.it Instancabili e sempre ricchi di spunti noi di Redazione ci occupiamo di comunicati stampa, flash news, aggiornamenti e coordinamento degli autori! Vi sembra poco?

Post correlati