Era tanto  che volevo scrivervi di Gnut o Claudio Gnut che dir si voglia, ma ho aspettato di comprare il suo nuovo album e ascoltarlo per intero. Anche se sono un’amante dello shuffle e dell’ascolto frammentato di questo o di quel pezzo in ordine confuso, certi album ancora meritano di andare per intero: solo così ti portano dentro quello che significano, musica e parole. E “Prenditi quello che meriti” vale la pena di essere ascoltato tutto, tutto insieme e tante volte. Perché è solo ascoltandolo tante volte che si colgono tutte le sfumature raccolte in questo album. Prima di tutto, ciò che mi piace di questo disco è il suo titolo. Perché mi sembra dire una cosa semplice e vera, che pochissimi dicono: c’è un momento per dare ed un altro per prendere. Non aver paura di fare entrambe le cose, perché è solo facendole entrambe che si può essere felici, giorno per giorno.

Ma c’è molto altro da dire. Folk per natura, il carattere partenopeo è sempre vivo eppure mai invadente per Gnut: diventa una traccia caratteristica che aggiunge valore alla personalità del suo cantato. Alcuni accenti addirittura mi ricordano vagamente quello di Meg (sopratutto in “Fogli di dadgad”). Gnut è stato paragonato negli anni ad artisti come Ben Harper (che ancora, secondo me, la chitarra torna a ricordare in “Estate a dadgad”) e Nick Drake, eppure io credo davvero che incarni un mondo assolutamente personale e ormai anche chiaramente definito. Credo anche che musicisti con la maturità artistica di Claudio Domestico e la sua incredibile voce meriterebbero più spazio nello scenario italiano e più ascolti. Più attenzione e più applausi. Il mio pezzo preferito, ad oggi, è “Fiume Lento” (in collaborazione con Giovanni Gulino), se non sapete da dove partire, partite da lei. L’album è molto vario e si presta a gusti estremamente diversi, presenta svariate intenzioni e melodie. Ma se proprio non aveste tempo o foste indecisi, allora io vi direi di dedicargli questi 3 minuti e 18 secondi. Il disco si chiude con “Passione”, uno dei brani più noti tra i classici della canzone napoletana di Libero Bovio. Non è semplicemente l’esecuzione di una toccante serenata è, ancora una volta, la capacità di attribuire personalità ad un racconto: rendendo moderno un canto antico seppure lasciando inalterata l’intensità e l’incredibile tenerezza di questa canzone. Di questo album resta la voce di Gnut, unica da sempre, ma credo si aggiunga un certo equilibrio musicale. Lo stile rimane marcato, ma si afferrano sfumature complesse e al contempo lievi. Della sua musica trovo incantevole la facilità con cui s’ascolta e s’accoglie, il calore di tutto quello che lascia, la pienezza di tutto quello che racconta.

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Credit: Gnut.it

Articolo scritto e redatto da Alessia Esposito | Tutti i diritti sono riservati

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