Prendi un bambino, sorprendilo con un gioco che neanche il suo desiderio più grande avrebbe potuto lasciargli immaginare e lo vedrai sciogliersi in un sorriso senza confini. I suoi occhi si faranno così grandi da non riuscire a contenere la sua gioia che si trasformerà in lacrime dolci, spontanee e serene. I suoi passi saranno leggeri ma affrettati, una corsa concitata mossa dall’entusiasmo di essere sorpresi dalla vita. Dopo la grande sorpresa, farà fatica a stare fermo, ti guarderà con l’aria furbetta di chi sa di non meritarsi, forse, una tale sorpresa perché le marachelle sono state all’ordine del giorno, ma anche compiaciuto perché avrai fatto colpo là dove il suo entusiasmo saprà ripagare ogni colpa. Gli sembrerà di volare, non ci saranno confini ed il suo mondo sarà tutto quel gioco e quella esplosione di gioia infinita.
Prendi una sera in settimana, raggiungi il coach per un allenamento al buio, totalmente ignara di ciò che ti aspetta. Fai un giro di riscaldamento in montagnetta e poi scendi in pista per una serie di ripetute così impostate: 200, 400, 800 metri, seguiti in digressione da altrettanti 400 e 200 metri. La velocità variabile, il tuo passo sincrono a quello esperto dell’allenatore e vedrai una runner sciogliersi in un sorriso colmo di gioia. Le lacrime rigano il viso ogni volta che si varca la curva dei cento metri, ma non è solo l’aria fredda che fende il viso, ma il riflesso incondizionato regalato dalla mente che gioisce per la sensazione euforica di tutto il corpo. Le gambe sono leggere e si sollevano da terra ad un ritmo insperato sulle lunghe distanze. Sembra quasi di volare. Una sensazione di estrema libertà aiutata dal silenzio del campo e dai passi ovattati sulla pista.
I 200 metri sono una vera esplosione di forza e libertà, mentre i 400 e gli 800 metri sono una prova della propria fiducia in se stessi e della capacità di dosare le forze: dalla prima curva si esce esaltati e protesi versi i 200 metri, ma l’acido lattico non tarda a farsi sentire a metà della seconda curva, proprio là dove bisogna stringere i denti, resistere, riappropriarsi delle proprie gambe per uscire correttamente verso l’ultimo rettilineo, dove lo sguardo fisso verso la finish line è un propulsore naturale di adrenalina. La felicità di un bimbo condensata in 400 metri, riprovarla è un privilegio, così come sentire di avere la stessa aria furbetta di chi sa di aver dato molto, ma ancora molto forse potrebbe dare per imprimere ai lunghi e alle gare la stessa forza di questi metri percorsi con forza e determinazione e gioia immensa. La furbizia va scardinata, le paure devono essere sconfitte ed il coach è determinato a farmi trovare il mio limite per andare oltre.
Articolo scritto e redatto da FRANCESCA TOGNONI | Tutti i diritti sono riservati