E’ l’uomo che conta, alla fine dei giochi. Il suo cuore. La sua passione. Quando le luci si riaccendono alla fine dello spettacolo e i coriandoli ricadono verso il palco, al momento dell’inchino e del ringraziamento, è lì che si capisce se la star ha dato se stessa, oltre alle luci e alla musica, oltre ai costumi e alle paillettes; è esattamente adesso che l’artista si toglie la maschera, e dietro o c’è l’uomo o non c’è niente.
Quando assaggiamo un piatto, un vino, un’idea divenuta sostanza non sempre ci fermiamo a indugiare su questo pensiero, ma è naturale che dietro la creazione debba esserci il creatore, qualcuno che ha sacrificato tempo e denaro per investire su se stesso e sulla propria passione, che ha studiato, visitato, letto, rischiato, perso le speranze di farcela, ritrovato entusiasmo, gioito, magari qualche volta pianto, provato e riprovato fino ad arrivare a presentare tutto questo, e quindi nella sostanza se stesso, nel nostro piatto. Le persone. Le persone sono tutto.
Siamo portati a pensare per luoghi comuni, è un fatto. Uno di questi dice che le persone che vivono in montagna sono chiuse e poco inclini alle relazioni sociali, e forse in parte è anche vero, ma questa durezza ha come contraltare una dedizione al lavoro e alla ricerca della perfezione artigianale che noi happy hour people spesso ci scordiamo.
Ne ho avuto ulteriore dimostrazione quando a Casa Alto Adige ho avuto la fortuna di conoscere i fratelli Karl, Hansi e Siegfried Baumgartner, rispettivamente chef, affinatore di formaggi e sommelier. Ora, al di là della perizia tecnica che è scontata, quello che mi ha colpito mentre Karl ci spiegava come fare i canederli pressati era la sua gioia nel condividere con perfetti sconosciuti la sua abilità e la sua ricetta e la cura che metteva nella spiegazione dei passaggi. Che poi il risultato finale fosse un piatto da leccarsi, ma veramente, i baffi, è questione non dico di secondo piano ma sicuramente correlata all’amore per il proprio lavoro e da esso dipendente; allo stesso modo la degustazione di formaggi abbinati al vino è stata solo la punta di un iceberg fatto di ricerca appassionata e di ore spese al buio di una cantina o in giro per malghe a cercare produttori, un’esperienza in cui tutti i sensi sono stati coinvolti e sconvolti grazie ai frutti della fatica di queste persone: gli occhi felici di Hansi mentre parlava dei formaggi che affina erano gli occhi di un bambino la mattina di Natale davanti a una distesa di regali, così come la premura di Siegfried nel raccontare la Schiava che ci ha proposto in abbinamento dava la misura della gioia di vedere i cenni di apprezzamento per la sua ottima scelta.
E’ stata una degustazione favolosa, anche grazie alla tagliata di manzo ripassata in forno con formaggio erborinato e funghi porcini proposta da Karl tra una tornata di formaggi e l’altra, e poi io, che prediligo le lussuriose passioni terrene, il Paradiso lo immagino così: una distesa di formaggi come se non esistesse un domani, carne, fortissimamente carne, e una bottiglia o due di nettare rosso, per brindare alla vita, alle persone e all’amore.
Persone, mi raccomando. Non estetica senza un’anima, ma uomini che rendono la realtà un po’ più bella di così, e la vita più leggera.
Enjoy!
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Articolo scritto e redatto da Lorenzo Volpi | Tutti i diritti sono riservati