“Una traccia lasciata al di fuori della famiglia crea una storia” è ciò che Franca Sozzani dichiara guardando direttamente nell’obbiettivo.
Franca: Chaos and Creation è il titolo del documentario che Francesco Carrozzini ha dedicato a sua madre, scomparsa per un male incurabile il 22 dicembre 2016. Schiva, lungimirante, esile e titanica nel contempo, Franca è stata direttrice di Vogue per un lungo periodo e, nei suoi ventisei anni di regno, ha rivoluzionato il magazine creando quell’idolo editoriale che tutti conoscono.
Nel 1998 diventa il capo della rivista, lasciando fuori dai suoi uffici meneghini isterismi e favolose mitologie per dedicarsi alla costruzione di un processo in cui il caos e l’atto creativo appunto sono divenuti cifra stilistica del suo essere “la direttrice di Vogue”. Abbandona la retta via per cimentarsi nell’oscurità giornalistica, obbedisce esclusivamente alle sue intenzioni e ne celebra la storica realizzazione trasformando una rivista di moda in un faro di speranza per chi la Moda l’ha amata, creando un’icona cui votarsi per chi la Moda la concepiva come effimero passaggio di vestiti. Nelle sue mani Vogue Italia è divenuto il miglior esempio di come la Moda sia parte del vivere comune, di come la Moda possa occuparsi di realtà quotidiana, dei suoi fatti gravi e violenti, di come si possa parlare di inquinamento globale o di razzismo partendo da un gonna, di come si possa testimoniare la violenza sulle donne concentrandosi su un paio di tacchi. 26 anni rappresentano un periodo lungo, una sfida impensabile e insostenibile per chiunque, ma non per Franca che ha dato alla luce una creatura mitica e miliare come quando, nel 2008, ha voluto fortemente una black issue, un numero completamente abitato da modelle di colore per sottolineare quanto le passerelle fossero razziste: i volti di Naomi, Tyra, Liya hanno squarciato l’omertà giornalistica e quel numero è diventato vero oggetto di collezionismo, tassello fondamentale per i Diritti umani.
Il toccante racconto mediatico presentato alla 73ma Mostra di Venezia è stato nelle sale italiane per tre giorni, fino allo scorso 27 settembre, durante i quali molti si sono accostati a quest’incredibile donna che il filosofo Bernard Henry-Levy aveva definito come ” completamente matta”: Franca si è svelata nell’intimità di un colloquio col figlio, fulgida nel suo potere e materna fino alle lacrime quando Francesco le ha mostrato fotografie e video del passato. Una pletora di ricordi della sua infanzia e una lucida analisi del proprio lavoro si sono alternate in questo viaggio di famiglia, tra Milano e New York: madre e figlio erano lì, vicini come non mai eppure Franca è rimasta Franca Sozzani, dal fisico minuto, asciutto, gli occhi grandi e trafiggenti, i capelli biondi lunghi e disciplinati; poca gestualità, battute spesso al vetriolo ma i sorrisi sono stati la più tenera esplosione di dolcezza, la più intima carezza che una madre avesse potuto creare per quell’unico figlio, fratello, spesso lasciato da solo, di una sorella maggiore, la Moda. Sullo schermo sono scorse immagini in bianco e nero, ricordi intimi, le considerazioni di amici e collaboratori, ma Franca non ha mai perso quell’allure magica di divinità inarrivabile, emotivamente tanto distante quanto vicina.
Cosa non avrà avuto questa donna, in cosa avrà fallito? “Il grande amore” è stata la sua risposta, rannicchiata su un sedile posteriore di una lussuosa berlina, gli occhi fuori dal finestrino a scrutare la realtà, o nascondere le lacrime: è stato proprio quel momento che ci unisce perennemente a questa donna; è stata in quella mancanza tutta umana che Franca è passata alla Storia!
Articolo scritto e redatto da Ciro Sabatino| Tutti i diritti sono riservati