Diastasi Addominale post gravidanza: 8 centimetri, tre ernie. A due anni dalla nascita delle mie bimbe ho deciso di sottopormi all’intervento di chirurgia plastica. Il racconto che segue è la mia personale esperienza dal giorno dell’operazione.
Il giorno dell’operazione, il 26 ottobre 2017, avevo una gran – umana – paura. Non solo per l’anestesia totale (prima volta nella mia vita) e le due operazioni che mi attendevano (due perché nel medesimo intervento ho subito sia una colicistectomia, sia una addominoplastica correttiva) ma anche perché sapevo che, in caso di successo, mi avrebbero comunque atteso 7/8 settimane complicate ed impattanti sulla quotidianità mia e della mia famiglia che potevano diventare un periodo ancora più lungo.
Ma riavvolgiamo il nastro.
Quando a dicembre 2015 sono diventata mamma di Gaia e Giada, le mie meravigliose gemelle omozigote, venute alla luce con un cesareo gemellare nell’ospedale Mangiagalli, ho ereditato una diastasi dei retti addominali che mi è stata diagnostica mesi dopo la loro nascita.
La diastasi addominale consiste nella separazione eccessiva della parte destra dalla parte sinistra del muscolo retto addominale, le quali si allargano, allontanandosi della linea mediana. Quest’ultima è formata da tessuto poco elastico ma molto resistente che, se da una parte rende molto difficile la sua rottura, dall’altra, quando questa avviene, non permette di tornare facilmente alle sue condizioni iniziali. Se la diastasi è di pochi centimetri ci sono metodi che possono, seguiti da specialisti del settore, riportare la situazione alla sua origine (ginnastica specifica, fasce addominali..). Se invece la diastasi è maggiore rispetto a pochi centimetri non è più possibile percorrere questa via e l’unica soluzione risulta la chirurgia.
Nel mio caso la diastasi era di 8 centimetri e, come nel peggiore dei casi avviene, dalla sua formazione all’operazione aveva lasciato spazio alla formazione di 3 ernie che era necessario rimuovere.
Così, dopo aver individuato la struttura e il chirurgo, ho deciso di procedere. L’ospedale presso il quale si è svolta l’operazione (che nel frattempo è divenuta doppia in quanto la TAC addominale ha evidenziato calcoli alla colecisti) è l’Humanitas di Rozzano (Milano).
Il chirurgo che ho scelto è un chirurgo plastico e qui vorrei aprire un capitolo importante. La correzione della diastasi non è necessariamente ottenibile solo con un chirurgo plastico, ma rivolgersi a un chirurgo generico si risolve il problema “all’interno” lasciandone evidenza all’esterno. Mi spiego meglio: se si ha intenzione di indossare costumi interi per tutte le prossime estati della vita, se si ha più di 60 anni, se la condizione pre-operazione era di diastasi senza gonfiori dell’addome, se…. allora un chirurgo generico può risolvere il problema senza lasciare ulteriori danni, nel mio caso non era possibile.
8 centimetri e 3 ernie, a 35 anni e con gli strascichi estetici di una gravidanza gemellare non era una situazione da chirurgo generico, perché avrei risolto il problema internamente odiando il mio corpo per il resto della vita a causa delle cicatrici in evidenza (nella maggior parte dei casi viene praticato un taglio verticale che dall’ombelico arriva fino al pube) e della pancia che non avrebbe mai più riacquistato il tono e la forma di prima. Da qui la mia decisione di avvalermi della chirurgia plastica e nello specifico del chirurgo Grappolini, specialista del settore. Di seguito vi lascio il racconto temporale dei primi 30 giorni. La convalescenza è molto lunga, ma piano piano si migliora ogni giorno.
Questo mio racconto vuole ripercorre temporalmente i passi che ho seguito io e spero che possa essere di aiuto per le tantissime donne che affrontano questa operazione ogni giorno. Il problema della diastasi addominale è più frequente di quanto non si pensi, ma purtroppo non essendo ancora riconosciuto a tutti gli effetti ed essendoci troppa disinformazione in merito, spesso si pensa di dover solo “dimagrire sulla pancia e fare addominali tutti i giorni” per ritornare alla nostra forma fisica dopo il parto. Ed invece non c’è nulla di più sbagliato di questo, perché la diastasi non si cura ne con la dieta (per esperienza personale si dimagrisce ovunque tranne che nel punto di massima sporgenza fra l’ombelico e il pube) ne facendo gli addominali (che peraltro se vengono esercitati non essendo nella posizione corretta possono creare problemi funzionali agli organi sui quali erroneamente poggiano), ma con la chirurgia e una grandissima dose di coraggio. Perché per “andare sotto i ferri” e affrontare tutto questo ci vuole coraggio, inutile negarlo. Ma stare male due mesi per poi stare bene tutta la vita è impagabile.
Giorno 0: 26 ottobre. Operazione
Convocata alle 10 del mattino, dopo aver compilato la parte burocratica mi hanno condotto nella mia stanza dove ho atteso le 15, orario in cui mi hanno fatto indossare il camice e le calze anti-trombosi per procedere verso la sala operatoria. Dopo un primo stop in una sala pre-intervento sono entrata in sala operatoria e ho ricevuto l’anestesia totale.
Al risveglio dall’anestesia ero sedata e con flebo. Mi avevano messo 3 drenaggi (due per la parte di plastica, uno per la colecisti) e un catetere. Le due operazioni hanno avuto successo e i chirurghi avevano già informato Alessandro e i miei genitori. Sono stata spostata in camera dopo diverso tempo e lì ho incontrato nuovamente la mia famiglia. L’anestesia totale è molto invasiva e al risveglio possono comparire forti mal di testa e nausee che per fortuna nel mio caso non sono avvenuti.
+1 post operazione: il primo giorno
Il primo giorno è il peggiore. E’ quello che segue sempre una notte insonne, è quello dei dolori, è quello della consapevolezza dell’immobilità quasi totale. E’ quello durante il quale il chirurgo viene e toglie il drenaggio della colecisti e ti rimuovono il catetere e ti devi alzare anche se ti senti uno straccio. Il tuo corpo non è più anestetizzato e sente tutto quello che ha subito. La testa inizia a pensare e inizia a lottare per stare meglio. Il primo giorno è il più lungo, perché devi fare solo una cosa: alzarti ed è l’unica cosa che non vuoi fare perché sai che soffrirai tantissimo. E alla fine lo fai: ti alzi, con l’aiuto delle infermiere e delle persone che ti stanno accanto. Le mani sono piene di aghi e ti fa paura guardarti ma sai che fino a che non andrai a casa non li toglieranno e devi fare pace con la tua mente che li vorrebbe rimuovere. Il primo giorno è terribile perché tutto quello che non hai visto e sentito il giorno prima lo rivedi e risenti adesso. Però il primo giorno ha un lato positivo: dopo un po’ finisce.
+2 post: si ricomincia.
Il secondo giorno è quello della sperimentazione dei tuoi nuovi limiti. Inizi a capire che sei in ospedale ma non durerà molto e che le flebo di antidolorifico inizieranno a diminuire la loro frequenza ed efficacia e quindi ti rimbocchi le maniche e segui alla lettera quello che ti dicono i chirurghi: mangiare, bere, camminare ed andare in bagno. E ti sembra di essere tornato un po’ bambino, ti sembra di dover ricominciare tutto daccapo come se tutto quello che hai imparato sia stato cancellato nell’arco di una notte. Quando si parla di operazioni raramente si parla dell’aspetto psicologico che queste impattano su di noi. Siamo tutti focalizzati sull’aspetto fisico, chirurgico. Siamo talmente focalizzati su questo che ci dimentichiamo della nostra mente e dei nostri sentimenti. Sembra una banalità da dire adesso ma, quando si attraversa una situazione postoperatoria, l’aspetto psicologico è importantissimo perché può aiutare o rallentare il recupero fisico. Il secondo giorno quindi si ricomincia, con calma ma da qualche parte bisogna pur iniziare.
+3 post: il dolore ed il fastidio.
Mentre per il dolore c’è l’antidolorifico, che ti viene somministrato direttamente nelle vene in maniera che faccia il suo effetto nella maniera più rapida ed efficace possibile, per il fastidio non c’è rimedio. Il fastidio di non potersi muovere autonomamente, il fastidio di non avere il pieno possesso delle proprie mani a causa degli aghi, il fastidio di non poter andare in bagno da soli, il fastidio di non potersi lavare, il fastidio di dover obbedire a regole e orari imposti che, per la legge di Murphy, vedranno sempre l’infermiere arrivare nel momento in cui ti sei appena assopito. Il fastidio delle calze antitrombosi che, dal giorno zero, non ho mai potuto togliere e stringono a tal punto le gambe da procurare una sensazione talmente spiacevole da non riuscire a dormire. Il fastidio di essere nel post operatorio con la testa che vorrebbe già uscire dall’ospedale ed il corpo che non può seguirla.
+ 4 post: le dimissioni
Il lunedì non è mai un giorno della settimana desiderabile e desiderato. Ma ogni tanto succede qualcosa, proprio di lunedì, che te lo fa diventare incredibilmente simpatico. Per me, questo qualcosa, è stato senza dubbio l’ok da parte dei due chirurghi per le dimissioni. Mi hanno visitato la mattina alla buonora e mi hanno dato subito la lieta novella. Si torna a casa e già la testa funzioni in un altro modo. Tra il dire e il fare però c’è sempre di mezzo il dolore, la fatica ed il dover ri-imparare tutto. Ci si veste finalmente con i vestiti puliti che avevo inserito in valigia prima di partire verso questo viaggio chirurgico. Avevo ragionato bene su vestiti comodi e larghi, semplici da indossare, che mi facessero sentire bene. E così è stato: una volta tolte le mille flebo, una volta vestita, una volta chiusa la valigia ecco che si esce dall’ospedale, si chiama il primo taxi con destinazione casa e si gode di una Milano, dal finestrino dell’auto, con la sensazione di non averla mai vista davvero.
+5 post: organizzazione casalinga
Una volta arrivati a casa tutto diventa più semplice, almeno lo diventa psicologicamente. Essere a casa, contornati dalle proprie cose, dai propri effetti, dagli odori che rendono le nostre quattro mura così uniche sono sensazioni che diamo sempre per scontato ma che, in realtà, sono energia pura. Una volta a casa diventa tutto più semplice psicologicamente ma tutto più complesso a livello logistico ed organizzativo. Dopo un’operazione di questo tipo ogni movimento deve essere pensato e calcolato sulla base di quello che il nostro corpo ha subito. E io, il mio corpo, l’ho strapazzato davvero molto e devo fare un’attenzione ancora maggiore perché il rischio di recidive e di tornare in sala operatoria è altissimo.
+7 post: prurito
Se me lo avessero raccontato non c’avrei sicuramente creduto. Se mi avessero detto che avrei atteso la sensazione del prurito, notoriamente una sensazione molto fastidiosa soprattutto se a prudere è una parte del nostro corpo che non possiamo assolutamente grattare, con trepidazione non ci avrei mai creduto. Eppure, questa sensazione di prurito è solo un buon segno. La cicatrizzazione dei punti esterni, infatti, quando avviene, provoca una sensazione pari a quella del prurito e quindi sì, non vedevo l’ora che arrivasse.
+9 post: prima uscita da casa.
Finalmente ho varcato la soglia di casa, insieme al mio tris del cuore: Alessandro, Giada e Gaia. E’ stato emozionante uscire da casa: un mix di paura di cadere (a Milano pioveva a dirotto!) e di felicità per questo piccolo grande traguardo. Cammino ancora leggermente piegata in avanti ma penso che la posizione eretta la conquisterò a breve dato che finalmente la ferita ha smesso di bruciare quando sto più diritta con la schiena.
+ 10 post: controllo post-operatorio
Oggi ho incontrato il chirurgo plastico per il primo controllo post-operatorio da quando sono a casa. Tutto sembra procedere per il meglio eh si, finalmente ho l’ok per fare la doccia e lavare anche questa parte del corpo che, fino ad oggi, è rimasta nascosta.
+ 14 post: prima doccia.
La prima doccia non si scorda mai. Eh sì perché fino ad oggi il lavaggio del corpo intero era stato bandito dalla beauty routine perché la medicazione doveva rimanere immobile e asciutta. Ora, dopo 2 settimane dall’intervento il chirurgo ha dato il suo benestare per liberare la ferita 5/10 minuti al giorno da medicazione e busto mobile per lavarsi. A questo proposito, oltre ai vari disinfettanti da applicare, cerotti e garzine di fitostimoline da applicare dove la pelle si è lacerata, mi ha consigliato anche il saugella difettante (quello con il tappo verde) che è ideale per lavare parti del corpo nel post-operatorio. L’unica accortezza è di usarlo solo su quelle parti dato che secca moltissimo la pelle “sana”.
+20 post: controllo post operatorio
Il chirurgo è davvero contento di come si stanno svolgendo le cose, tanto da rimuovere i cerotti e lasciare la ferita – che ormai è definitivamente chiusa – libera di respirare. Questa decisione, anche se sembra banale, è meravigliosa sopratutto per la pelle subito intorno al taglio perché adesso respira e l’irritazione da cerotto può guarire. Per evitare lo strofinio della pancera sulla ferita mi ha consigliato di inserire fra pelle e pancera una canottiera di cotone aderente.
post scriptum
Torno a scrivere qui dopo più di due anni perché un aggiornamento era assolutamente necessario. Oggi è il 28 maggio 2020 e l’operazione di diastasi addominale è per me un lontano ricordo, ma il suo effetto è qualcosa che mi ha cambiato letteralmente la vita ridandomi libertà e salute. Ci sono voluti tre mesi per ritornare alla quotidianità, poter ricominciare e sollevare piccoli pesi (ho iniziato con le bottiglie d’acqua per poi arrivare alle mie bimbe) e per riacquistare mobilità completa sull’addome. Per fare questo percorso mi sono fatta seguire da un fisioterapista competente in materia che, dopo circa otto mesi dall’operazione, ha iniziato con me un percorso fisico, ma anche psicologico durante il quale “ho fatto pace con addome”. Vi scrivo questo perché, finita l’operazione di diastasi addominale, come mi era stato anticipato dal chirurgo, ho perso completamente la sensibilità sulla parte operata, ovvero dall’inizio delle costole fino al pube. Inoltre essendo il mio un intervento di chirurgia plastica mi è stato ricostruito l’ombelico e quindi anche quella zona che, solitamente, è molto sensibile ha perso completamente la sua caratteristica. A distanza di più di due anni la sensibilità è ritornata quasi del tutto: il punto più centrale che si trova fra l’ombelico ricostruito ed il pube, è ancora privo di sensibilità totale.
Nel mio caso, non è stata inserita una rete di contenimento, opzione che a volte viene proposta dal chirurgo plastico. Nel mio caso è stato scelto di non inserire un corpo estraneo all’interno, fiduciosi del fatto che i miei tessuti fossero abbastanza giovani ed elastici per farcela da soli: ipotesi che il mio corpo ha sostenuto successo. Il fatto di non inserire la rete, da una parte prendi l’operazione più semplice, dall’altra storia diventa più delicato perché, a sostenere i tessuti ricuciti non c’è nulla di artificiale. Per questa ragione il mio post operatorio è stato lungo e delicato: la probabilità di ritornare in sala operatoria per ulteriore operazione era molto alta.
Ovviamente ci tengo a precisare ulteriormente che queste sono le mie sensazioni e considerazioni dopo l’intervento di sistemazione della diastasi addominale: ogni persona, ogni corpo, ogni mente reagisce all’intervento chirurgico maniera differente. Un’altra cosa che ci tengo a precisare è che ho deciso di sottopormi all’intervento di sistemazione della diastasi addominale consapevole del fatto che, dopo l’operazione, non avrei più potuto avere bambini. Tecnicamente posso rimanere incinta, ma il chirurgo ha fortemente sconsigliato una ulteriore gravidanza perché andrebbe a inficiare l’operazione di chirurgia plastica effettuata, nonché a mettere a repentaglio la cucitura artificiale delle pareti addominali. Comprendo che questa decisione sia molto difficile, soprattutto dopo il primo figlio, soprattutto se sia ha un’età che permette un’ulteriore gravidanza. Nel mio specifico caso, avendo portato a termine una gravidanza gemellare che aveva lasciato complicanze sul mio corpo, già il ginecologo mi aveva sconsigliato di cercare un ulteriore figlio e quindi, fino a quel momento, non ci siamo sentiti di mettere a rischio la salute del mio corpo ulteriormente.
Quello che ho imparato da questa esperienza e che un’operazione dolorosa e con un post operatorio lungo può però cambiare completamente la qualità della nostra vita futura. La diastasi addominale, nella maggior parte dei casi, non può essere sistemata in autonomia e più si attende e più può peggiorare la sua situazione (compromettendo gli organi interni, dando vita a ernia addominali..). A due anni di distanza dall’operazione è come se io non l’avessi mai avuta, non solo dal punto di vista estetico, ma soprattutto dal punto di vista medico e della mia salute.