Sono passate 13 settimane da quando questo pezzo è entrato in classifica. Seppure in sordina rispetto a brani di artisti molto celebri, è rimasto lì solido per giorni e giorni, gli ho dato qualche tempo per capire se fosse una meteora pronta a seguire tendenze tanto veloci quanto leggere, ma lui nulla, nessuna intenzione d’andare. Mai oltre la top20. Si chiama Budapest, il titolo mi piace. Lo canta George Ezra, il nome è sconosciuto.
Presa quindi dalla curiosità passo all’ascolto, come faccio spesso con i brani che arrivano dal nulla e si piazzano al top delle vendite con così tanto arroganza. Scopro una voce accattivante, un sound piacevole e un reef che si insinua negli ascolti per tornare continuamente a riproporsi, poi lo infilo dentro al “gioco musicale” che faccio con un’amica: noi ci regaliamo un brano alla settimana, lo acquistiamo e lo inviamo all’altra con tanto di pacchetto e dedica sul bigliettino. Ogni settimana rispettiamo una categoria tematica: e quindi peschiamo i brani tra le “brand new”, tra i pezzi “strappalacrime” (è una categoria di tutto rispetto), quelli ad “alta carica energetica”e così via. Ci riforniamo di brani capaci di calzare ogni situazione insomma, e ci siamo date delle regole per una distribuzione equa di brani e categorie (5 /10pezzi strappalacrime di serie potrebbero creare problemi anche alla persona più divertente del mondo, figurarsi a due come noi).
Tornando alla mia scoperta di Ezra, faccio la mia scelta, le invio Budapest, continuo ad ascoltarla e a leggere di questo nuovo cantautore: il timbro di voce è caldo e maturo, ma scopro che lui è un ragazzo britannico giovanissimo (classe 1993). Il video è semplice, quasi inesistente: c’è lui, la sua chitarra e un microfono.
Scopro poi che questo “ragazzino” si è diplomato al Brighton Institute of Modern Music di Bristol e che dai primi brani pubblicati nel 2011 su Youtube alle prime esibizioni del 2013 il passo è stato breve, con il primo EP “Did you hear the rain?” e l’arrivo del singolo Budapest il 2014 sembra avergli aperto tante nuove porte ed opportunità tra cui un primo tour europeo.
Per ora Goerge rimane uno splendido ritornello da canticchiare, una voce immediatamente riconoscibile uno splendido groove. Ci sono tutti gli ingredienti per sperare che continui a scrivere e che suoni tanto in giro, magari anche che ritorni qui (presto).
Insomma, non so voi, ma io non vedo l’ora di ascoltarlo ancora per capire se questo ragazzo mi piace davvero.
Credits: Google Images
Articolo scritto e redatto da Alessia Esposito | Tutti i diritti sono riservati