Azzedine Alaïa, scomparso il 18 novembre 2017, ha lasciato un vuoto incolmabile nel mondo della Moda.
La modella Naomi Campbell era in lacrime al suo funerale, appoggiata all’amica Afef e il loro abbraccio nella condivisione di un comune e profondo dolore sarà l’immagine che resterà impressa, anche perchè fu lo stesso Azzedine a scoprire Naomi quando, ancora minorenne e contro il volere della madre, volle la “Venere” a una sua sfilata: la mamma accosentì perchè lo stilista le aveva promesso che la piccola avrebbe dormito a casa sua. Naomi si è sempre riferita a lui chiamandolo affettuosamente “papà”.
Tunisino, aveva lasciato presto la terra natìa per recarsi a Parigi, così come aveva fatto Madeleine Vionnet. Tra i due stilisti sembra apparentemente non esserci alcun legame, anche per una questione anagrafica, ma la Moda tesse trame spesso imperscrutabili: Azzedine e Madeleine sono più prossimi che mai, nel rifiuto di ingabbiare le donne, nella ricerca e nella sperimentazione, nella continua ascesa alla perfezione che solo la morte ha potuto fermare.
Francese d’adozione uno, francese emigrata a Londra l’altra, entrambi hanno percorso strade parecchio simili, volte a ridefinire il concetto stesso di couture. Ispirati dalle donne, hanno lavorato per le donne: in particolar modo Azzedine si è sempre ispirato alla sorella gemella, ne ha fatto sua musa ispiratrice e vagheggiando d’essa ha costruito la proria casa di moda; Madeleine era una donna e ha lavorato per eliminare gabbie, di tessuto e di preconcetti, smontando quindi gli abiti, le stecche e i corsetti e lasciando così volare anche un severo sguardo misogeno che mal digeriva un lavoro tutto al femminile.
Madame Vionnet, dopo l’esperienza britannica, era ritornata in patria e nel 1912 aprì il suo atelier; monsieur Alaïa a Parigi si afferma e nel 1980 dà vita al proprio sogno con la prima sfilata di prêt-à-porter: esperienze eterogenee con un comune denominatore, il corpo della donna. Madeleine amava lavorare su un manichino alto solo 80 cm su cui sperimentava cuciture e drappeggi per poi trasferire proporzioni e ordito direttamente sull’indossatrice mentre Azzedine non amava fare “schizzi” preferendo la costruzione dell’abito sulcorpo della mannequin, azzardando così la realizzazione fisica di un’idea.
Madeleine immaginava, e realizzava, tessuti inesistenti, di difficile lavorazione e aveva inventato letteralemente il “taglio in sbieco”, quella linea lunga, diagonale di cui brevettò anche il complicato uso, e fu proprio grazie a quell’invenzione che potè dare maggiore sinuosità e leggerezza agli abiti, soprattuto alle linee scivolate dei modelli “a sirena”; Azzedine si cimentava con tessuti stretch, col jersey, con le zip, con il taglio laser per definire una più nuova e riconoscibile silhouette, manifesto di una ritrovata femminilità.
Madeleine e Azzedine si sono poi incontrati: dagli archivi della maison Vionnet sono emersi degli schizzi di un abito che nessuno aveva saputo ri-costruire, nessuno ad eccezione di Alaïa che ha studiato profondamente e ha poi profuso tutto il proprio sapere per dare vita a una delle creazioni sicuramente più belle di Vionnet. E’ bastato uno schizzo, un complicato insieme di fili a far incontrare due persone, due leggende, due anime entrambe solitarie e fuggenti; è stato un abito a perpetrare due storie indimenticabili, a fissarle come leggende auree della Moda.
Articolo scritto e redatto da Ciro Sabatino| Tutti i diritti sono riservati