La sua penna andava veloce, forse più del pensiero stesso, forse addirittura talmente rapida da sfidare il vento che faceva sbattere con forza le fronde degli alberi sui vetri sottili della finestra.
È incredibile come, a volte, l’uomo sia così forte e potente ed al contempo così in balia di eventi e situazioni. Lui era lì dall’altra parte del mondo, senza un telefono, senza la possibilità di mandare un telegramma, senza l’accesso ad una qualsiasi forma di comunicazione che non fosse inforcare la stilografica come una pistola, con la stessa decisione e farle percorrere il foglio bianco da sinistra a destra ripetutamente.
Pensare che pochi mesi prima erano uno vicino all’altro, seduti su una panchina nel centro di Parigi in una due giorni fugace che si erano regalati per una ricorrenza importante, per un momento da celebrare. A volte la vita ti mette dinanzi a quella miscela malinconica che solo il cielo terso delle fredde giornate invernali può scacciare da dentro il petto.
Era partito da pochi giorni, ma senza sentirla sembravano mesi. Si diceva che era incredibile come la percezione del tempo fosse variata così tanto, senza preavviso, senza dargli modo di capacitarsi di quello che stava avvenendo. Era la guerra, era un obiettivo, era una nazione, era un amore. Lei gli scriveva lettere profumate, corredate da petali di rose e merletti per fargli vedere come stava diventando la tovaglia a cui stava lavorando da settimane. E lui, dall’altra parte del mondo, combatteva ed imbracciava un grigio e pesante fucile contro persone come lui, che semplicemente indossavano una divisa diversa. Ma il cuore suo batteva, forte e verace per quelle lettere piene di rose profumate, per la scrittura che stava al di là del foglio ricevuto ed inviato.
Lo aveva salutato l’ultima volta in una mattina di maggio, una di quelle che non avrebbe scordato più. “Cosa ci diciamo? Addio, arrivederci, torna presto? Se non sappiamo neanche quante settimane oppure mesi starai via come facciamo a salutarci?” Queste le ultime parole vicino al binario che lo hanno portato via, lasciandola sulla banchina con un sorriso impacciato di chi non vuole far vedere le lacrime. Era tornata a casa con un silenzio rimbombante nella mente, dentro la quale si rincorrevano uno dopo l’altro i pensieri felici, i momenti trascorsi insieme e quella panchina di Parigi dove si erano giurati amore eterno. Varcata la soglia di casa non voleva far altro che dedicarsi a lui, ma non sapeva come. Inforcò la stilografica, quella che avevano comprato doppia per scriversi nei momenti di lontananza. Non era una grande amante della scrittura e l’aveva utilizzata pochissimo ma quell’oggetto così lontano della sua quotidianità l’attraeva, magneticamente.
Fu così che, senza nemmeno pensarci, la mano destra impugnò la penna con una tale decisione che la flebile volontà di coricarsi a letto e cercare di dormire svanì immediatamente. Il pennino, sottile, leggermente lavorato iniziò a percorrere il foglio bianco con movimenti impacciati nel risultato di una grafia non certo esemplare. Ma le parole uscivano dalla penna senza passare dal cervello, perché semplicemente alimentata dal cuore e della passione verso quel ragazzo semplice che la faceva sorridere.
Passarono le settimane, iniziarono le lettere. La mano assomigliava sempre di più ad una ballerina, una di quelle donzelle che aveva visto danzare più e più volte teatro, perfette e leggiadre come solo una piuma. La grafia era diventata pulita, fluida, decisamente connessa con un concetto di eleganza sopraffina.
Il ritorno era ormai dietro l’angolo ed i due innamorati sentivano che finalmente avrebbero abbandonato la carta, i francobolli, le buste, i petali di rose ed i merletti. L’aria era frizzante come i loro sorrisi, quelli che nacquero immediatamente sul loro viso quando il treno di lui entrò in stazione sotto gli occhi di lei che non stava più nella pelle. Mentre da un lato i due si abbracciarono festosi, dall’altro lui imbracciava una cartella piena delle lettere che lei gli aveva spedito durante i medi di assenza. Si sorrisero guardandoli.
Conservarono quella parte di rapporto epistolare fatto di parole, punteggiatura e di inflessioni in un grande baule nella casa che li accolse per il resto della loro vita, sul bordo del quale legarono, con un sol fiocco, le due stilografiche utilizzate.
Questo storytelling fa parte di un progetto editoriale realizzato in collaborazione con Grand Marnier sul tema dell’Eleganza e delle sue declinazioni #grandmarnierlovescharm
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