La 66esima edizione degli Emmy Awards, noti ai più come “Gli Oscar della Televisione”, si è tenuta ieri al Nokia Theatre di Los Angeles. Per ogni tvseriesaddicted che si rispetti, gli Emmys sono il paradiso, forse ancor più dei Golden Globes. Ogni anno ci sono drogati dipendenti da serie tv che si preparano per rimanere svegli tutta la notte per seguire la diretta della cerimonia, ogni anno poi più della metà abbandona l’impresa e cede al sonno. Conseguenza: apertura compulsiva di Twitter/Internet la mattina appena svegli per scoprire chi come cosa e perchè ha vinto. Seguono urla di gioia o imprecazioni a gran voce. Per quanto mi riguarda, la mia reazione è stata più o meno questa: Ma andiamo con calma. Superato lo shock delle nominations che hanno snobbato alla grande Tatiana Maslany, protagonista di Orphan Black e una delle attrici rivelazione dell’anno, è stata la volta dello shock per i risultati. Vincitori e vinti, c’è molto da dire. Sbanca tutto Breaking Bad, nominato per l’ultimo anno per la 5 serie conclusiva. Miglior serie tv drammatica, miglior sceneggiatura per una serie drammatica, miglior attore protagonista per Bryan Cranston, miglior attore non protagonista per Aaron Paul e miglior attrice non protagonista per Anna Gunn. Ora, va bene, Breaking Bad è uno dei grandi capolavori della storia della televisione, una serie fantastica, ben fatta, coinvolgente, ben scritta, ottima sceneggiatura, bellissima fotografia, e chi più ne ha più ne metta. Passate in sordina House of Cards, Game of Thrones, True Detective. A mio parere serie tv che non vanno sottovalutate, anzi. House of Cards è stata uno dei grandi prodotti Netflix, e onestamente avrei scommesso che avrebbe vinto. Poco male, c’è sempre l’anno prossimo, in fin dei conti era l’ultimo anno di Breaking Bad e si è deciso di farlo uscire a testa alta. Non mi va giù la vittoria di Anna Gunn, di nuovo, per il secondo anno, io sono ancora qui a chiedermi: perchè? Con nominate come Maggie Smith (Downton Abbey) e Lena Headey (Game of Thrones), ancora Anna Gunn. Il motivo proprio mi sfugge. Dispiace anche per Kevin Spacey su cui molti (io compresa) puntavo per il titolo di miglior attore protagonista. Lo shock più grande è stato quello di Orange Is The New Black, altro prodotto Netflix e serie rivelazione, fenomeno cult. Si è presentata agli Emmy con 13 nominations, miglior serie comedy, miglior attrice in una serie comedy per Taylor Schilling, miglior attrice non protagonista per Kate Mulgrew (Red), migliori attrici guest star per Uzo Aduba (Crazy Eyes), Natasha Lyonne (Nicky) e Laverne Cox (Sophia), miglior sceneggiatura per una serie comica, miglior cast, miglior regia. Risultato? Vittoria per Uzo Aduba e Emmy come miglior cast, poi qualcuno mi spiegherà cosa significa. Orange Is The New Black paga cara la classificazione “comedy serie”, quando, di fatto, comedy non è. Sì perchè io me li immagino i signori dell’Accademy, lì riuniti intorno ad un tavolo mentre si chiedono: ma OITNB lo nominiamo? E certo che lo nominiamo, tutti ne parlano, dobbiamo nominarlo. E come lo nominiamo? Lo mettiamo tra le serie drammatiche? Ma no, fa ridere, non possiamo piazzarlo accanto a Breaking Bad e True Detective, stonerebbe. E allora dove lo infiliamo, tra le comedy? Ma no, ci sono anche tematiche un po’ drammatiche, dopo tutto è ambientato in un carcere, non è proprio una serie tv comica. E allora che ce famo con sto Orange? Fa più ridere che piangere, sù, mettiamolo tra le serie comiche e facciamola finita. Detto fatto. Peccato che classificarlo come comico sia un po’ riduttivo. OITNB è una serie particolare, fa ridere, ma fa anche riflettere e commuovere, lo definirei un ibrido. Però di fatto da qualche parte andava pur messo. Però, cari i miei signori Accademy, lasciatemelo dire, ma che cosa ci azzecca accanto a Veep, Modern Family e Big Bang Theory? Non me ne vogliate, ma non ci siamo. Risultato: ha vinto Modern Family, di nuovo, sì, ancora. Non ci ha un po’ stancato questo Modern Family? Premiato per 5 anni di fila, ora, abbiamo capito che vi piace, ma basta. Per la serie, non lasciare il vecchio per il nuovo, sai ciò che lasci, ma non ciò che trovi, un po’ come la vittoria per il quarto anno consecutivo di Jim Parsons (The Big Bang Theory). Finalmente qualche considerazione per Sherlock, oltreoceano si sono accorti che esiste. Miglior attore in una miniserie per Benedict Cumberbatch, miglior attore non protagonista per Martin Freeman, miglior sceneggiatura per una mini serie.
Insomma, tirando le somme: bene, ma non benissimo. Bene per Breaking Bad, non benissimo per gli altri. Netflix vincitore e vinto. Vincitore per aver portato a casa ben 31 nominations tra Orange is The New Black e House of Cards, vinto perchè, di fatto, di statuette se ne è accaparrato solo due. Forse è ancora troppo presto? Forse l’Accademy non è ancora pronta per la grande rivoluzione apportata da Netflix? Forse gli Emmy sono premi conservativi e che seguono precise logiche editoriali che, per il momento, si ritrovano ancora solo in network televisivi? Di certo queste “sconfitte” non determineranno una battuta d’arresto per Netflix e il suo servizio di streaming on demand, è un sistema ancora giovane e che ha tanto da offrire, saprà rifarsi. E poi, diciamocelo, sì, la sconfitta brucia un po’, però non è di certo un premio a garantire la qualità di un prodotto, sarebbe un po’ come dire che Leonardo Di Caprio è un pessimo attore solo perchè non ha mai vinto un Oscar.
Per il momento OITNB e House of Cards si godono il successo stratosferico e inaspettato che hanno ottenuto e stanno ottenendo. A noi non resta che attendere l’inizio delle nuove stagioni e cercare di ingannare la straziante attesa come meglio possiamo, con qualche rewatch ossessivo, ad esempio, ma questa è un’altra storia.
Articolo scritto e redatto da Flavia Vezzani | Tutti i diritti sono a lei riservati