Leggendo manuali e siti internet dedicati all’ allattamento o parlando con mamme entusiaste si rischia di avere una visione idilliaca della faccenda tutta fatta di vicinanza, contatti di pelle, tenerezze, coccole e calore. Se si arriva ai capitoli che trattano di ragadi, ingorghi e mastiti si inizia a sospettare che forse tutto rose e fiori non è, ma si scuotono le spalle e si pensa che quelle cose a noi non accadranno. Ci sono altre difficoltà, quelle di cui nessuno parla. Evidenziare i lati difficili dell’ allattamento al seno è praticamente un tabù, come a doversi vergognare di possibili difficoltà e fatiche. Se una madre si lamenta o se decide di non allattare, viene additata come una cattiva madre. E allora si preferisce tacere.

Quando una donna si trova ad allattare da sola, nella sua stanza, con un piccolo esserino urlante perchè non trova il capezzolo di cui però sente l’odore, la visione rosea dell’allattamento, quella dei pugnetti chiusi sul seno, del calore umano e del profumo di lavanda può venire meno. Ci sono i dolori ai capezzoli, i dolori post partum, i dolori dentro che ti fanno chiedere se stai facendo la cosa giusta. No, anzi, lo sai che stai facendo la cosa giusta. Ma allora perchè ti senti in gabbia? Perchè odi quella sensazione di latteria ambulante e quei seni dolenti? E perchè speri con tutte le tue forze che non si svegli adesso, perchè se si sveglia poi dovrai allattarlo…?

Fatica e stanchezza sono emozioni e sentimenti normali uniti ai sensi di colpa. Le uniche a parlare sono le entusiaste. Quelle con tanto latte, a cui non fanno male i capezzoli, il cui bambino è cresciuto subito tanto e bene.

E allora se per caso il pediatra inizia ad insinuare che il latte ti sta finendo (molto probabilmente falso) e che il bambino non cresce bene (rispetto ai bambini allattati artificialmente) e ha bisogno di un’aggiunta tutto sommato senti il sollievo che qualcuno ti autorizzi a liberarti da quella schiavitù, salvo poi sentirti in colpa per non essere riuscita ad allattare più a lungo. Insomma è una spirale di piacere, colpe, gioie, tenerezze, dolori, dubbi. Ma perchè una cosa così naturale diventa anche così difficile?

C’è l’indipendenza femminile duramente conquistata (e ancora nemmeno completa) posta sotto scacco dal piccolo tiranno. C’è l’isolamento sociale che non offre quella rete di sostegno spontaneo tra donne e mamme. Ci sono i pudori legati all’ allattamento in pubblico, per cui le donne se ne stanno chiuse in casa proprio i primi mesi, quelli più delicati dell’isolamento materno. Momenti in cui si è più fragili emotivamente, per paura che al neonato venga fame proprio nel bel mezzo della passeggiata. Poi ci sono le difficoltà personali, il rapporto tra l’individuo mamma e l’individuo bambino. Perchè ciascuno è una persona unica. Se la scelta di allattare al seno viene fatta per le ragioni sbagliate, tutte queste difficoltà pesano come macigni. La pressione della società o di amici e parenti non dovrebbe avere nulla a che fare con la decisione della mamma. La scelta di allattare al seno deve essere una scelta consapevole che riguarda unicamente la donna e il suo bambino. Nei modi e nei tempi decisi da loro.

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Articolo scritto e redatto da Asilo Papaveri e Papere | Tutti i diritti sono riservati 

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