L’occasione d’incontrare Árni Hjörvar nasce dal concerto che il bassista dei Vaccines terrà il 7 marzo per Reptilia, la serata indie nata da un’idea di Riccardo Nicolello che verrà lanciata a breve a Milano: Dopo aver collaborato con diversi club e artisti ho sentito l’esigenza di fare nascere qualcosa di nuovo con l’idea precisa di dare qualità musicale a chi ne usufruirà. Reptilia sarà sì una serata dedicata al mondo indie/alternative, ma vorrei che diventasse qualcosa di più, un contenitore dove scoprire nuovi mondi musicali. Sto già lavorando per portare ospiti internazionali nei prossimi mesi con l’obiettivo di proporre qualcosa di unico sia a livello di live che di dj set. Nel frattempo vorrei approfittarne per ringraziare Árni che, nonostante i mille impegni imminenti coi Vaccines, ha deciso di venire a suonare per noi.

Árni in veste di solista ha scelto una sorta di “Hawaiian sound” lontano dalle traiettorie sonore dell’indie rock.

Da dove viene questa tua fascinazione per i suoni hawaiani?
Buona domanda. In realtà non amo particolarmente le Hawaii e non ci sono nemmeno stato, oltretutto odio la spiaggia e non verrei essere visto in sandali. Amo la musica solare molto più di quanto mi piaccia il sole…

La tua patria, l’Islanda, è anch’essa un’isola che affascina molti. In che modo influenza la tua arte?
La musica islandese può difficilmente essere descritta come festosa o speranzosa e anch’io sono appassionato di arte introspettiva e riflessiva, ma ho bisogno dell’occasionale esplosione di sole e felicità nella mia musica. 

Come ci si sente a venire a suonare in Italia? Conosci qualche artista italiano interessante con cui vorresti collaborare?
Colgo tutte le opportunità possibili per venire in Italia. È il mio paese preferito in Europa. Amo Marcella Bella, è ancora in giro? Mi piacerebbe collaborare con lei o la cantante dei Ricchi e Poveri.

Il prossimo album dei Vaccines esce il 30 marzo, cosa aspettarsi da “Combat Sports”? Puoi parlarne un po’?
Ne siamo super orgogliosi. È un disco dal suono vitale. L’abbiamo registrato con Ross Orton e lui continuava a ricordarci cosa ci ha fatto bene e cosa no. Penso che siamo riusciti a concentrarci su ciò che ci rende validi. Spero d’aver ragione…

Cinque dischi che porteresti su un’isola deserta e perché.
Dannazione, è sempre così difficile scegliere! Questi sono nella lista perché sono i primi cinque a cui riesco a pensare:
Leonard Cohen – New Skin for The Old Ceremony
Tom Waits – Rain Dogs
Björk – Medulla
Pixies – Surfer Rosa
Digable Planets – Reachin

Qualche bel disco che invece hai ascoltato di recente e che consigli.
Il nuovo album di Aldous Harding è la definizione di bella musica, un disco incredibile. Di recente ho anche sentito l’unico album solista di Mark Hollis del 1998, è così fragile e bello. Davvero consigliato.

Articolo scritto e redatto da ANDREA FERRARI | Tutti i diritti sono riservati

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